Dan Ariely (1): Cosa ci fa apprezzare il lavoro?

Nel post “La conquista dell’abbondanza” segnalavo la difficoltà di trovare contributi interessanti nella rete, sommersi da una quantità praticamente infinita di dati e informazioni poco rilevanti. E’ un problema che riguarda anche gli interventi su TEDx, dove non è affatto facile distinguere e trovare quelli più interessanti. A questo proposito, mi piace segnalarvi quelli di Dan Ariely che ho scoperto recentemente.

In questo intervento, intitolato “Cosa ci fa apprezzare il lavoro?” Dan Ariely riflette su cosa ci motiva al lavoro: non sono solo i soldi, ma entrano tante componenti tra cui l’identità l’orgoglio, la passione, la sfida, il senso.

Dan Ariely Cosa ci fa apprezzare il lavoro

Concertarsi solo sull’efficienza, senza considerare il senso non aiuta affatto le persone ad essere più produttive: poteva bastare durante la rivoluzione industriale, ma non certo nell’economia della conoscenza del XXI secolo.

Alcuni esperimenti e riflessioni proposte da Ariely sono davvero di aiuto per tutti i manager e i responsabili che devono coinvolgere e motivare le persone: qui ne propongo un breve estratto.

Quando pensiamo a come la gente che lavora – rileva Ariely – l’ingenua intuizione che abbiamo è che le persone sono come topi in laboratorio, che tutto quello che interessa alla gente sono i soldi, e dal momento in cui offriamo denaro, possiamo farli lavorare in un modo o possiamo farli lavorare in un altro. Ecco perché diamo bonus nel settore bancario e paghiamo in tanti modi diversi.

Abbiamo questo modo di vedere così semplicisitico del motivo per cui la gente lavora e come sia il mercato del lavoro.

Nello stesso tempo, se ci pensate, sono tanti i comportamenti strani che ci circondano. Pensate alla scalata e all’escursionismo. Se leggete libri di persone che scalano montagne, montagne difficili, pensate che quei libri siano pieni di momenti di gioia e felicità?

No, sono pieni di miseria. Di fatto, si parla di congelamento, difficoltà di andare avanti e difficoltà a respirare — freddo, circostanze difficili. Se la gente tentasse solo di essere felice, nel momento in cui arriva in cima, direbbe, “È stato un terribile errore. Non lo farò mai più.” … Invece, la gente scende, e dopo essersi ripresa, va su di nuovo.

Se pensate alla scalata come un esempio, suggerisce tutta una serie di cose. Suggerisce che è importante arrivare alla fine, alla cima. Suggerisce che la lotta, la sfida sono importanti. Suggerisce che c’è tutta una serie di cose che ci motiva a lavorare o a comportarci in modi diversi.

Dan Ariely poi presenta una serie esperimenti che rivelano atteggiamenti inaspettati e sottili relativi il significato che diamo al nostro lavoro.

Abbiamo preso un foglio di carta con lettere a caso, e abbiamo chiesto alla gente di trovare coppie di lettere identiche una vicina all’altra. Questo era il compito. E la gente lo fa fatto sul primo foglio.

Poi abbiamo chiesto loro se volevano fare il foglio successivo per un compenso un po’ più basso e il foglio successivo per un po’ meno, e così via.

Avevamo tre situazioni.

Nella prima situazione, la gente scriveva il proprio nome sul foglio, trovava tutte le coppie di lettere e lo dava all’esaminatore. L’esaminatore lo guardava, lo analizzava dall’inizio alla fine, diceva “ah hah” e lo metteva sul mucchio.

Nella seconda situazione, la gente non scriveva il proprio nome. L’esaminatore lo guardava, prendeva il foglio, non lo guardava, non lo analizzava e semplicemente lo metteva sulla pila delle pagine. Prende un foglio e lo mette da parte.

Nella terza situazione, l’esaminatore prende il foglio e lo mette direttamente nel tritadocumenti. Cosa è accaduto in queste tre situazioni?

Nella situazione in cui erano riconosciute, le persone lavoravano fino a 15 centesimi. A 15 centesimi a pagina, smettevano di impegnarsi. Nella situazione in cui il foglio veniva distrutto, era il doppio — 30 centesimi a foglio… Se distruggi gli sforzi e i risultati delle persone non le rendi felici…. Di fatto, nella situazione del documento distrutto, la gente avrebbe potuto presentare più lavori, ricevere più denaro e metterci meno impegno.

Ma cosa succede nella situazione in cui vengono ignorate? Essere ignorati è simile alla situazione del riconoscimento o a quella del tritadocumenti, o da qualche parte a metà strada? Salta fuori che è quasi come il tritadocumenti.

Ci sono buone e cattive notizie. La cattiva notizia è che ignorare i risultati delle persone è negativo quanto distruggere i loro sforzi davanti ai loro occhi…

La buona notizia è che semplicemente guardando una cosa fatta da qualcuno analizzarla e dire “ah hah”, sembra sufficiente a migliorare incredibilmente la motivazione. La buona notizia è che aggiungere motivazione non sembra difficile. La cattiva notizia è che eliminare la motivazione sembra incredibilmente facile, e se non ci pensiamo attentamente, potremmo esagerare.

La parte successiva che voglio mostrarvi è quella che riguarda la motivazione positiva.

C’è un negozio negli Stati Uniti che si chiama IKEA. IKEA è un negozio che vende mobili decenti, ma lunghi da montare. E non so voi, ma ogni volta che monto uno di questi, mi ci vuole molto di più, è molto più impegnativo, è molto meno chiaro. Metto insieme le cose nel modo sbagliato. Non posso dire di apprezzare questi pezzi. Non posso dire di divertirmi nel processo. Ma quando ho finito, sembra che apprezzi quei mobili dell’IKEA più degli altri mobili…

…C’è una vecchia storia sui preparati per torte. Quando iniziarono a fare i preparati per torte negli anni ’40, prendevano questa polvere, la mettevano nella scatola e chiedevano alle casalinghe di aggiungere acqua, girare, mescolare, mettere in forno — voilà! — la torta è pronta.

Ma si è scoperto che erano molto poco popolari. La gente non li voleva. E pensarono a tanti possibili motivi. Magari non erano buone. No, erano buonissime. Quello che scoprirono è che non ci voleva abbastanza impegno.

Era così facile che nessuno poteva servirla e dire ai propri ospiti “Ecco la mia torta.” No, no, no, era la torta di qualcun altro. Era come comprarla in pasticceria. Non sembrava una cosa fatta in casa.

Quindi cosa fecero? Tolsero le uova e il latte dal preparato. Ora bisognava rompere le uova e aggiungerle. Bisognava misurare il latte e aggiungerlo, mescolare. Ora era la vostra torta. Ora tutto era perfetto.

 

4 pensieri riguardo “Dan Ariely (1): Cosa ci fa apprezzare il lavoro?”

  1. Interessante e agghiacciante.
    Il passo da questo articolo ai titolari e ai responsabili del personale che dicono ai dipendenti: “ti abbasso lo stipendio, ma ti darò tantissime pacche sulle spalle” temo sia molto più breve del previsto.
    Troppo breve: qui (in Italia, intendo) nessuno sembra ricordarsi che si lavora per vivere, per avere i mezzi di sostentamento e la dignità nella propria comunità.

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    1. Caro Andrea, c’è questo rischio ed hai fatto bene a sottolinearlo. A mio avviso – forse sono ingenuo – la presa in giro non funziona. Se il tema è motivare e coinvolgere non basta nè solo la pacca sulla spalla, nè il solo l’incentivo economico. E’ vero che uno potrebbe utilizzare questi studi e chiedersi “Quanto è il minimo che posso pagare affinchè mi venga cmq svolto il lavoro?” Non penso, però, che sia una vera soluzione. Ripeto, forse sono ingenuo, ma lo sfruttamento e la presa in giro non motivano. E la pacca sulla spalla (senza un adeguato compenso) è solo una presa in giro! Se poi uno vuole continuare a dare stipendi da fame lo faccia pure, poi non si lamenti se le cose non funziano.

      P.S.
      Grazie per i tuoi interventi che aiutano sempre a vedere altri aspetti e permettono una vivace discussione.

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