Cultura: prendersi cura

Studiare l’etimologia delle parole ci aiuta, perché ci dice cosa abbiamo perso di quella parola e che sarebbe importante ritrovare. Ecco una delle più belle definizioni di cultura tratta da “L’arte di essere fragili” di Alessandro D’Avenia che, partendo dall’etimo latino, ci mostra un punto di vista inedito.

“I latini – scrive D’Avenia – per “Curare” usavano la parola colere da cui cultum, da cui il termine “cultura” (l’agricoltura non era altro che il prendersi cura del campo).

La cultura non ha nulla a che fare con il consumare oggetti culturali: ci si illude che consumando più libri, più musica, più quadri, si acquisirà più cultura. Conosco persone che consumano tantissimi oggetti culturali, però questo non le rende più umane, anzi, spesso finiscono con il sentirsi superiori agli altri.

Cultura vuol dire stare nel campo, farlo fiorire, a costo di sudore. Significa conoscere la consistenza dei semi, i solchi della terra, i tempi e le stagioni dell’umano e occuparsene perché tutto dia frutto a tempo opportuno.

Nella cultura ci sono il realismo del passato e del futuro e la lentezza del presente, cosa che il consumo non conosce: esso vuole rapidità e immediatezza, non contempla la passione e la pazienza”.

P.S.

Sulo stesso tema: “Sto mettendo abbastanza cultura nei miei prodotti? La domanda di Steve Jobs per gli albergatori (e tutti gli imprenditori)”

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