1 Maggio

Riprendo questo breve racconto ironico scritto qualche anno fa da Fabio Rizzoli e pubblicato all’interno del libro “Almanacco dei giorni migliori – Primavera”. A mio avviso geniale! Sono passati più di dieci anni, ma è ancora attualissimo. Buona lettura e buon divertimento.

In occasione della festa dei lavoratori abbiamo organizzato un simposio di intellettuali con i controcoglioni.

Tutto è stato fatto secondo le Norme. Siamo stati veramente di supersinistra antagonista, nessuno potrà mai negarlo. Tutti i partecipanti hanno ricevuto alcuni severissimi diktat di comportamento.

Qualche esempio: sostituire problema con problematica;

aprire spesso le frasi con “In nessun paese civile/normale dell’occidente si è mai visto che…”;

fare riferimento alla questione sociale ogni tre per due;

perdonare i compagni che hanno sbagliato; avere l’aria di chi la sa lunga; ricordarsi che la sinistra perde per una forma di autolesionismo critico da guardare con bonario paternalismo;

mostrarsi preoccupati (meglio ancora indignati) per quel che accade in un paese che non si sa nemmeno pronunciare;

dichiarare di essere sempre dalla parte dei più deboli;

quando ci si trova in un cul de sac del discorso dire “è una questione complessa e delicata, da affrontare con cautela”;

quando si parla della destra mettersi le mani nei capelli, mostrare stizza, diventare rossi in volto, digrignare i denti;

tirare fuori, anche in occasioni apparentemente incongrue, la lotta partigiana, citando casi di parenti che si sono eroicamente battuti contro l’invasore;

muoversi strascicando i piedi;

definire fascista qualsiasi persona non allineata;

guardare con sospetto chiunque non dimostri immediatamente di essere dei nostri;

almeno una volta citare Pasolini (può sembrare incredibile parlarne ancora eppure bisogna farlo senza alcuna vergogna);

stare dalla parte dei palestinesi;

parlando di Pound e Celine esordire con “Nonostante fossero fascisti…”;

di piazzale Loreto, dire che è stato un grande momento di democrazia popolare;

almeno qualcuno deve avere la maglietta del Che;

dare per scontata la legalizzazione delle droghe leggere;

dimostrare di avere una competenza straordinaria nelle politiche economiche, in modo da poter giudicare con estrema sicurezza la bontà delle scelte dei governi di sinistra e le scelleratezze di quelle dei governi di destra;

fare esempi di come i giornali stranieri irridano i nostri governi di destra;

ricordarsi che il qualunquismo di sinistra è giusto, quello di destra e bieco populismo;

sostenere che gli imprenditori di destra sono rozzi ignoranti e blu e plutocratici, quelli di sinistra illuminati civili ed etici;

supportare il mercato equosolidale;

se l’occasione lo consente mostrare una bandiera arcobaleno;

ricordare di avere tra i propri amici qualche omosessuale;

quando c’è bisogno di Verità Assolute Supportate Dai Fatti E Non Dalle Opinioni, cfr. Marco Travaglio;

fare battute sulle escort, sulle bandane, sul mi consenta pronunciato nel celeberrimo accento sono captatio benevolentia che seppur ormai polverose, funzionano sempre;

parlare di De Andrè come di “un poeta”;

della scuola, sostenere che la legge Berlinguer è ancora il migliore dei mondi possibili;

dire che la Costituzione va difesa ogni costo, perché della gente è morta per scriverla (ovviamente è importante non sapere quasi nulla della Costituzione);

degli Stati Uniti apprezzarne la cultura pop, ma di disprezzarne le politiche social, economiche ed estere;

parlare sempre bene di tutte le forme di sciopero, occupazione e corteo a prescindere da quali siano le istanze rappresentate;

del comunismo dire “forse inattuabile, ma una bellissima utopia”;

attingere alla “contro-informazione” poiché ci sono verità troppo scomode per essere rivelate dai media ufficiali (“questo non ce lo dicono” specialmente a proposito dell’industria farmaceutica); lamentarsi dei tagli alla cultura;

provare nostalgia per i periodi mai vissuti (maggio francese, flower power, rivoluzione cubana, ecc.);

be’ ca va sans dire, sognare ancora la Rivoluzione.

Alla fine comunque dei lavoratori non c’è stato tempo di parlare.

Tratto da “Almanacco dei giorni migliori -Primavera. 1 maggio” di Fabio Rizzoli.

Prima vengono le relazioni, poi le cose che sono in relazione

Prima vengono le relazioni, poi le cose che sono in relazione.

Questa idea, cioè che prima vengono le relazioni e poi le cose, non è nuova in filosofia, in sociologia, né tantomeno in fisica: pensiamo per esempio ai “paradossi” della fisica quantistica che sono paradossi proprio perché abituati a pensare alle particelle come “cose”; oppure pensiamo al fatto che tutte le cose che vediamo sono costituite solo da tre elementi: elettroni, neutroni, protoni; ciò che cambia è la loro relazione.

Questo modo di vedere la realtà si sta piano piano diffondendo e tanti problemi quotidiani tra cui quelli l’organizzazione aziendale possono ora essere affrontarti in modo più efficace.

Ai grandi problemi delle imprese ora è possibile dare nuove risposte.

Floridi, è uno di quei filosofi che sta riuscendo a tradurre tali idee in pratica e nel libro “Il verde e il blu”, mostra con vari esempi cosa significa passare dall’idea di cosa all’idea di relazione.

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Piani dei Resinelli: spunti di riflessione per il rilancio di “piccole” destinazioni

Resentemente sono stato chiamato dalla Comunità Montana Lario Orientale Valle San Martino, per un’attività di formazione rivolta agli operatori turistici dei Piani dei Resinelli (LC).

Perché ne parlo in questo blog?

Perché quello che sta accadendo ai Piani dei Resinelli può interessare tante altre località montane (e non) che si devono confrontare con i problemi tipici delle “piccole” destinazioni che soffrono la concorrenza di altre mete più famose e gettonate.

Come attrarre potenziali ospiti con budget limitati? Come convincere gli ospiti a pernottare anche se risiedono molto vicini, magari a poco più di un’ora di auto? Come “competere” con località che offrono più servizi?

Gli operatori di Piani dei Resinelli da anni si trovano a confrontarsi con questi problemi, ma quest’anno è emersa una nuova consapevolezza e una rinnovata fiducia.

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Contro l’ascolto del cliente

Questo articolo nasce dagli stimoli di un bel video di Matteo Bonazza sul tema dell’identità nelle strutture turistiche.

“Quando si chiede ad un albergatore perché i clienti dovrebbe venire da lui – racconta Bonazza –  la maggior parte risponde così: Qui si mangia bene; qui è pulito; qui c’è un ambiente familiare. Sono risposte che potrebbero dare tutti e da cui non emerge una vera e propria differenza di una struttura dall’altra”.

A quel punto – conclude Bonazza – quando le strutture sono tutte molto simili, il cliente decide in base al prezzo. Diventa quindi importante distinguersi, avere una identità forte e chiara per poter far capire al clienti il proprio valore (indipendente dal prezzo).

Questo è indubbiamente vero ed è uno dei problemi di molte imprese.

Ma perché è così difficile distinguersi? Perché il problema dell’identità è così marcato e solo poche strutture ricettive riescono davvero a differenziarsi? Da cosa nasce questo problema che riguarda non solo le strutture turistiche ma tutte le imprese, indipendentemente dal prodotto o servizio offerto?

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A cosa serve la formazione manageriale

Articolo pubblicato sul sito di Accademia d’impresa, scuola di formazione della Camera di Commercio di Trento

NUOVI PUNTI DI VISTA. La formazione non serve solo a risolvere problemi e a dare risposte, ma serve anche a porsi nuove domande ed a osservare le cose da punti di vista diversi.

Cosa significa, in concreto, per un imprenditore vedere le cose da nuovi punti di vista? Perché è così importante e strategico?

Proviamo a rispondere a questa domanda con un gioco e poi con qualche esempio.

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Sentiero, consapevolezza, alleanza: una riflessione sulla formazione

Anche quest’anno, l’Associazione Italiana Formatori (AIF) ha proposto alcuni importanti temi di attualità per favorire uno scambio di opinioni fra i professionisti del settore. La traccia ruotava attorno a tre parole chiave “sentiero, consapevolezza, alleanza” (la traccia in PDF).

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Abitare l’incertezza ovvero prendere decisioni

Prendo spunto da alcuni post di Luciano Martinoli sulla differenza tra calcolo e decisione per ulteriori riflessioni su questo tema.

Intanto la premessa.

Siamo abituati a pensare che le decisioni migliori siano frutto di calcoli. Più preciso e corretto sarà il calcolo, migliore sarà la decisione.  In realtà, ci avverte Martinoli, prendere una decisione non ha a che fare con il calcolo.

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In azienda non sono importanti le persone

Mettere le persone al centro, le persone sono la risorsa più importante dell’organizzazione, focus sulle persone, gestione e valorizzazione dei talenti… queste sono le frasi che ripetono la maggior parte delle organizzazioni e dei formatori.

Forse è necessario ripeterlo proprio perché non è così, ma c’è problema ancora più profondo.

Il titolo di questo post “In azienda non sono importanti le persone” non è cinico, né ironico, ma vuole riflettere sul fatto che in un sistema non sono importanti le singole parti, ma come queste parti sono in relazione fra loro.

Detto in altro modo: in azienda non sono importante le persone, ma le relazioni tra le persone.

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Il margine/ora (seconda parte): un cambio gomme da Formula 1

Con il margine/ora anche la ricerca della competitività, cambia radicalmente i suoi riferimenti.

Fino a ieri, l’unica strada percorribile per arrivare a migliorare la remuneratività di un prodotto, non potendo alzare il prezzo, poteva essere solo quella di una riduzione dei costi.

D’ora innanzi, abbiamo invece a disposizione un’altra possibilità, un nuova via: aumentare la produzione oraria! Anche se in certe situazioni potrà non essere semplice, mi sento di poter affermare che si tratta di un obiettivo senz’altro più facile da raggiungere rispetto al precedente.

Per quanto chiaro sia il concetto, nella sua semplicità, vorrei brevemente approfondire il concetto di – incremento della produzione – poiché so molto bene quanto delicato sia l’argomento, quanto elevato il rischio di fraintendimenti o errate interpretazioni.

Per rendere assolutamente chiaro il concetto, proviamo a fare un esempio, chiaramente estremo ma ci aiuta a comprendere il problema.

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Il manager come “ambiente”

pREMESSA. Coloro che sono chiamati a “dirigere” le organizzazioni aziendali sono da tempo davanti a nuove sfide.

La velocità del cambiamento dei mercati, e della società nel suo complesso, impone di abbandonare, e non da oggi, una visione dell’organizzazione basata sulla metafora fordista.

Viene infatti richiesto a tutti di essere autonomi , creativi, veloci, propositivi, richieste che confliggono con il paradigma del “comando e controllo”, e non solo quello.

Le imprese allora sono inondate da nuove proposte per gestire e risolvere le sfide organizzative e motivazionali:  Diversity & Inclusion Management, Coaching, Sviluppo nuove Leadership, Lean e Agile Organization, Continuous Learning, Digital innovation, Smart Working, Talent Management, … e altro ancora.

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