Prima vengono le relazioni, poi le cose che sono in relazione

Prima vengono le relazioni, poi le cose che sono in relazione.

Questa idea, cioè che prima vengono le relazioni e poi le cose, non è nuova in filosofia, in sociologia, né tantomeno in fisica: pensiamo per esempio ai “paradossi” della fisica quantistica che sono paradossi proprio perché abituati a pensare alle particelle come “cose”; oppure pensiamo al fatto che tutte le cose che vediamo sono costituite solo da tre elementi: elettroni, neutroni, protoni; ciò che cambia è la loro relazione.

Questo modo di vedere la realtà si sta piano piano diffondendo e tanti problemi quotidiani tra cui quelli l’organizzazione aziendale possono ora essere affrontarti in modo più efficace.

Ai grandi problemi delle imprese ora è possibile dare nuove risposte.

Floridi, è uno di quei filosofi che sta riuscendo a tradurre tali idee in pratica e nel libro “Il verde e il blu”, mostra con vari esempi cosa significa passare dall’idea di cosa all’idea di relazione.

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Steve Jobs. L’intervista perduta

L’intervista perduta è un’intervista realizzata nel 1995 a Steve Jobs.  

Nel 1995 Jobs, dirigeva la Next da lui fondata dopo aver lasciato la Apple; da lì ad un anno e mezzo l’avrebbe venduta proprio alla Apple, tornando poi come amministratore delegato.

Per come le cose vanno in tv, fu usata solo una parte dell’intervista e si pensava che il master fosse andato perduto durante il trasporto da Londra agli Usa negli anni ’90. Il master fu poi ritrovato anni dopo dal direttore della serie televisiva in un suo garage.

Ci sono pochissime interviste televisive di Steve Jobs e raramente riescono a cogliere il carisma, il candore e la lungimiranza di quest’uomo.

Invito tutti a prendersi del tempo e ad ascoltare l’intera intervista che è davvero ricca spunti.

L’intervista è consultatabile su DVD edito da Feltrinelli, oppure su youtube:  https://www.youtube.com/watch?v=u7V22gat4CU.

l'intervista perduta

 

In questo post ho ripreso alcuni passaggi per me importanti e ho aggiunto qualche mia riflessione personale.

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Donne e impresa

Negli ultimi anni il numero di donne che lavorano in ruoli di responsabilità nelle imprese sta aumentando, ma l’aumento della presenza femminile ha cambiato, o sta cambiando, gli stili di leadership e le modalità di fare impresa?

E’ questa la domanda centrale.

Non è importante semplicemente l’aumento del numero di donne che fanno impresa, ma che l’imprenditorialità evolva accogliendo nuove modalità e visioni.

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Definizione di imprenditore

Riporto un post scritto da Francesco Zanotti nel 2015 che a mio avviso riporta una delle migliori descrizioni del mestiere dell’imprenditore (più efficace di quella di Shumpeter).

E’ tratta da un testo di un matematico originalissimo, scomparso nel 2014 (Alexander Grothendieck) citata nel capitolo “Il potere dell’innocenza” di Luca Barbieri Viale e Claudio Bartocci nel libro “Matematica ribelle” edito dal Corriere della Sera.

In grasseto gli incisi in grassetto di F. Zanotti che fanno riferimento al mestiere dell’imprenditore.

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Manager che studiano

Tutti sono d’accordo che per ruoli manageriali, oltre alle conoscenze tecniche, siano fondamentali anche le competenze relazionali come leadership, capacità di lavorare in gruppo, capacità motivazionale, creatività ecc.

Il problema è che spesso si tende a pensare che queste siano competenze innate, che non abbiano a che fare con lo studio e la conoscenza, ma sia sufficiente una certa naturale predisposizione.

Ma al di là di parole generiche proviamo a rispondere in concreto a queste domande.

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Paura e Change management

Nei prossimi giorni ho in programma a Milano, un seminario di formazione per manager e imprenditori e alcuni mi hanno chiesto se tratto il tema del Change management.

Ecco in sintesi il mio punto di vista e come verrà trattato nel seminario.

Semplificando possiamo dire che quando parliamo di Change management parliamo di qualcosa che riguarda il governo e il cambiamento dei comportamenti.

Ma come fare a governare i comportamenti? Questo è uno dei compiti fondamentali di chi ha una posizione di responsabilità.

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Nuove mappe per le imprese – 2 marzo 2018 (TN)

C’è un disallineamento tra quanto la scienza sa e ciò che le imprese praticano. Ci sono tante scoperte delle scienze sociali – psicologia, neuroscienze, antropologia, filosofia, scienze della complessità ecc – che dimostrano tante cose su come siamo fatti e su come ci comportiamo, come apprendiamo, come motiviamo le persone, a quali condizioni possiamo creare qualcosa di nuovo e innovare.

Ebbene, spesso facciamo l’opposto. Non perché siamo stupidi o cattivi. A volte è proprio il buon senso o l’intuito che ci frega. Il buon senso era anche quello che ci faceva credere che la terra fosse piatta oppure che fosse il sole a girare intorno alla terra. Non sembra forse cosi?

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Dan Airely (2): Abbiamo il controllo sulle nostre decisioni?

Nell’ultimo post segnalavo un intervento di Dan Airely sul tema della motivazione.

In quest’altro video, invece, Dan Airely mette in luce alcune scoperte dell’economia comportamentale, sottolineando come le nostre decisioni siano molto meno razionali di quello che pensiamo.

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Dan Ariely (1): Cosa ci fa apprezzare il lavoro?

Nel post “La conquista dell’abbondanza” segnalavo la difficoltà di trovare contributi interessanti nella rete, sommersi da una quantità praticamente infinita di dati e informazioni poco rilevanti. E’ un problema che riguarda anche gli interventi su TEDx, dove non è affatto facile distinguere e trovare quelli più interessanti. A questo proposito, mi piace segnalarvi quelli di Dan Ariely che ho scoperto recentemente.

In questo intervento, intitolato “Cosa ci fa apprezzare il lavoro?” Dan Ariely riflette su cosa ci motiva al lavoro: non sono solo i soldi, ma entrano tante componenti tra cui l’identità l’orgoglio, la passione, la sfida, il senso.

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Il margine: luogo privilegiato per la bellezza, l’innovazione e l’apprendimento.

“Ho sempre amato i luoghi di confine tra due culture: Trieste il mare e la Mitteleuropa; Venezia che non appartiene al Veneto ma all’oriente; la Provenza, uno dei tanti sud del mondo, un ponte tra l’Italia e la Spagna, una Francia lenta, ebbra dei suoi paesaggi, intrinsecamente meridionale nello stile di vita; l’Andalusia araba; la mia amata Sicilia, greca, araba e normanna, spagnola, barocca nei suoi dolci e nei suoi palazzi , un pezzo di medioriente in Europa.

Cosa hanno questi luoghi in comune?

Sono tutti luoghi bellissimi, ma soprattutto sono luoghi di contaminazione, dove le culture si sono mescolate, arricchite, integrate”.

Questo scriveva Paolo Broccoli in un bel post su Linkedin.

IL MARGINE. Alla riflessione di Broccoli aggiungo un mio personale punto di vista: che ciò che caratterizza questi luoghi – che sono luoghi di confine – è il fatto di essere al margine.

Il margine è sia una parola negativa, come nell’espressione “essere al margine”, perché indica la periferia, la non centralità, l’essere escluso. Ma “avere margine” indica una potenzialità, una possibilità.

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