Riporto un post scritto da Francesco Zanotti nel 2015 che a mio avviso riporta una delle migliori descrizioni del mestiere dell’imprenditore (più efficace di quella di Shumpeter).
E’ tratta da un testo di un matematico originalissimo, scomparso nel 2014 (Alexander Grothendieck) citata nel capitolo “Il potere dell’innocenza” di Luca Barbieri Viale e Claudio Bartocci nel libro “Matematica ribelle” edito dal Corriere della Sera.
In grasseto gli incisi in grassetto di F. Zanotti che fanno riferimento al mestiere dell’imprenditore.
“La maggior parte dei matematici (…) hanno la tendenza a confinarsi in un quadro concettuale, in un “Universo” fissato una volta per tutte – quello che hanno trovato bell’e pronto quando hanno fatto i loro studi.
Possono essere paragonati a chi abbia ereditato una grande e bella dimora, arredata con tutte le comodità, con i suoi saloni, le sue cucine, i suoi laboratori, e le sue casseruole e attrezzi per ogni evenienza, con i quali c’è modo certamente di cucinare e di far tanti bei lavoretti.
[La maggior parte dei manager (e qualche imprenditore di seconda e terza generazione) hanno la tendenza a vivere nelle case costruire dagli imprenditori].
Per quel che mi riguarda, sento piuttosto di appartenere alla stirpe dei matematici la cui vocazione spontanea, e la cui gioia, è di costruire senza posa case nuove.
Strada facendo, costoro non possono sottrarsi anche al compito di inventare e forgiare man mano tutti gli arnesi, utensili, mobili e strumenti che sono necessari tanto per costruire la casa dalle fondamenta fino al tetto, quanto per rifornire in abbondanza le future cucine e i futuri laboratori, e arredare la casa per viverci con tutti gli agi.
[L’imprenditore costruisce nuove “case”. Nuove imprese e nuovi settori industriali].
Ciononostante, non appena tutto è sistemato fino all’ultima grondaia e all’ultimo sgabello, è raro che l’operaio si trattenga a lungo nei luoghi in cui ogni pietra ed ogni trave reca traccia della mano che l’ha lavorata e posata.
Il suo posto non è nella quiete degli universi bell’e pronti, per quanto accoglienti ed armoniosi possano essere – non importa se siano stati consegnati dalle sue proprie mani o da quella dei suoi predecessori.
[L’imprenditore non si ferma a riposare nelle case che ha costruito. Anche perché sa che la “manutenzione” alla quale sarò costretto dalla competizione, non è certo così emozionante come il costruire nuovi mondi].
Altri compiti già lo chiamano su nuovi cantieri, sotto la spinta imperiosa di bisogni che è forse il solo a provare chiaramente o (ancora più spesso) anticipando bisogni che è il solo a presagire. Il suo posto è all’aria aperta.
E’ amico del vento e non ha paura di affrontare il lavoro da solo, per mesi, e per anni, o, se necessario, durante un’intera vita, sempre che non arrivi in soccorso qualcuno a dargli il cambio.
Ha soltanto due mani come tutti, certo – ma due mani che in ogni istante indovinano cosa devono fare, che non disdegnano né le faccende più gravose né quelle più delicate, e che mai si stancano di acquistare familiarità con le innumerevoli cose che incessantemente le chiamano per farsi conoscere. Due mani, è poco, forse, perché il Mondo è infinito. Mai potremo esaurirlo! E tuttavia, due mani è già molto …”
[Gli spazi per costruire nuove imprese non solo non si esauriscono mai, ma si moltiplicano continuamente. Non è importante dove l’uomo opera.
Sempre ha l’alternativa tra il diventare costruttore di mondi o sacerdote della conservazione: sia che faccia matematica, sia che costruisca imprese sia che operi in qualunque altro campo].
POST SCRIPTUM
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3 pensieri riguardo “Definizione di imprenditore”