Il margine/ora (seconda parte): un cambio gomme da Formula 1

Con il margine/ora anche la ricerca della competitività, cambia radicalmente i suoi riferimenti.

Fino a ieri, l’unica strada percorribile per arrivare a migliorare la remuneratività di un prodotto, non potendo alzare il prezzo, poteva essere solo quella di una riduzione dei costi.

D’ora innanzi, abbiamo invece a disposizione un’altra possibilità, un nuova via: aumentare la produzione oraria! Anche se in certe situazioni potrà non essere semplice, mi sento di poter affermare che si tratta di un obiettivo senz’altro più facile da raggiungere rispetto al precedente.

Per quanto chiaro sia il concetto, nella sua semplicità, vorrei brevemente approfondire il concetto di – incremento della produzione – poiché so molto bene quanto delicato sia l’argomento, quanto elevato il rischio di fraintendimenti o errate interpretazioni.

Per rendere assolutamente chiaro il concetto, proviamo a fare un esempio, chiaramente estremo ma ci aiuta a comprendere il problema.

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Il margine/ora (prima parte)

PROBLEMA. Immaginate di avere due ordinativi sulla vostra scrivania.

Il primo ordinativo è relativo al prodotto A, è di 1.000 pezzi; il costo di produzione di A è di 10 euro (4 euro per la manodopera, 6 euro per i materiali), il prezzo di vendita è fissato in 20 euro.

Il secondo ordinativo è relativo al prodotto B;  la quantità è la medesima (1.000 pezzi), il suo costo è di 6 euro (0,5 di manodopera, 5,5 di materiale) il prezzo è 10 euro.

Per vostra informazione, le operazioni del ciclo di lavorazione sono svolte all’interno della stessa struttura produttiva, su posti di lavoro singoli; il costo orario della manodopera è il medesimo (per semplificare i calcoli ipotizziamo un costo orario della manodopera di 60 euro).

Potendo scegliere, quale ordine preferireste ricevere? 

Probabilmente basta un solo secondo per rispondere A! Il fatturato è di 20.000 euro rispetto ai 10.000 di B, il margine di contribuzione è del 50% contro il 40% e corrisponde a 10.000 euro contro 4.000.

Sembra evidente che il prodotto A sia il più conveniente, da tutti i punti di vista; sembra perché forse è il caso di farsi venire qualche dubbio.

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Il lavoro del futuro

Se avete qualche minuto di tempo guardate questo video di Emilie Wapnick che ho scoperto grazie ad un bell’articolo di Oscar di Montigny.

L’idea di Wapnick parte dal fatto che la domanda “Che cosa vuoi fare da grande?” non è solo antiquata o inopportuna, è anche altamente dannosa. Ci può spingere a pensare che occorre scegliere un solo lavoro, una sola passione, essere una cosa sola. Ma siamo sicuri che sia così?

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Il margine: luogo privilegiato per la bellezza, l’innovazione e l’apprendimento.

“Ho sempre amato i luoghi di confine tra due culture: Trieste il mare e la Mitteleuropa; Venezia che non appartiene al Veneto ma all’oriente; la Provenza, uno dei tanti sud del mondo, un ponte tra l’Italia e la Spagna, una Francia lenta, ebbra dei suoi paesaggi, intrinsecamente meridionale nello stile di vita; l’Andalusia araba; la mia amata Sicilia, greca, araba e normanna, spagnola, barocca nei suoi dolci e nei suoi palazzi , un pezzo di medioriente in Europa.

Cosa hanno questi luoghi in comune?

Sono tutti luoghi bellissimi, ma soprattutto sono luoghi di contaminazione, dove le culture si sono mescolate, arricchite, integrate”.

Questo scriveva Paolo Broccoli in un bel post su Linkedin.

IL MARGINE. Alla riflessione di Broccoli aggiungo un mio personale punto di vista: che ciò che caratterizza questi luoghi – che sono luoghi di confine – è il fatto di essere al margine.

Il margine è sia una parola negativa, come nell’espressione “essere al margine”, perché indica la periferia, la non centralità, l’essere escluso. Ma “avere margine” indica una potenzialità, una possibilità.

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L’organizzazione non è una macchina

In questo post mi piace riflettere sulla metafora meccanicistica: una delle più usate quando ci riferiamo all’impresa, se pensiamo ad espressioni come “la macchina deve ripartire”, “qualcosa si è inceppato”, “il motore dell’azienda”, “la macchina burocratica”, “l’organizzazione gira come un ingranaggio perfettamente oliato” ecc.

La metafora ha un ruolo importante e diversi studi mostrano come eserciti una influenza sul mostro modo di pensare e concepire il mondo. Da una parte ci permette di capire cose importanti dall’altra è sempre fuorviante perché incompleta e falsa.

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