Quello che i soldi non possono comprare. Una riflessione sul sistema degli incentivi.

Ho speso gli ultimi due anni a considerare la scienza della motivazione umana; in particolare, la dinamica delle motivazioni esterne e di quelle interne e vi dichiaro che siamo in alto mare

Se prendete la scienza, c’è un disallineamento tra ciò che la scienza sa e ciò che le imprese fanno”.

Queste sono le parole di Dan Pink in una conferenza TEDX del 2009: “Sulla sorprendente scienza della motivazione”.

“Ciò che è allarmante”, continua Pink, “è che il sistema operativo del nostro mercato – pensate al complesso di assunti e di protocolli alla base del nostro mercato, a come motiviamo la gente – è costruito integralmente su motivatori esterni, il bastone e la carota. 

La cosa poteva andare bene per molti tipi di attività del 20° secolo, ma per le attività del 21° secolo, questo approccio meccanicistico di ricompensa e punizione non funziona. E tante volte produce danni.

Vediamo perchè.

Diamo per scontato che per motivare qualcuno a lavorare, la cosa che funziona meglio sia un incentivo economico: se fai questo allora ti premio (ti do un aumento, un bonus ecc), se non lo fai ti punisco (o ti tolgo qualcosa).

Ebbene si è visto che questo sistema funziona peggio di quello che si potrebbe pensare.

Gli incentivi del tipo “se… allora…”, cioè “se fai questo, allora ti do quello” funzionano benissimo solo se ci sono regole semplici e un chiaro traguardo da raggiungere.

Le ricompense, per loro stessa natura, concentrano l’attenzione, restringono il pensiero. Ecco perché funzionano in tanti casi. In attività in cui l’obiettivo là davanti a te, su cui fare zoom diretto, funzionano ottimamente.

Non funzionano, però, se bisogna trovare una soluzione nuova e creativa, se la regola non è data e bisogna crearla. Questo tipo di incentivi distrugge la creatività e diversi esperimenti lo dimostrano.

Pink, per esempio, cita l’esperimento del candela ideato da Dunker nel 1945. Ecco come funziona.

IL PROBLEMA DELLA CANDELA. Ad un gruppo di persone si dà una candela, una scatola piena di puntine da disegno e dei fiammiferi e si chiede di provare ad attaccare la candela al muro in modo che la cera non coli sul tavolo.

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Il problema della candela in un seminario di formazione presso Accademia d’impresa (TN)

Molti cominciano a pinzare la candela sul muro con le puntine, altri accendono un fiammifero, sciolgono un lato della candela, cercano di farla aderire al muro. Sono belle idee, ma non funzionano.

Alla fine, dopo cinque o dieci minuti la maggior parte delle persone trova la soluzione: togliere le puntine dalla scatola, fissare la scatola al muro con le puntine e appoggiarci sopra la candela.

La chiave è superare quella che si chiama fissità funzionale. Di solito si guarda la scatola e la si vede solo come un contenitore per puntine.

Ma può avere anche un’altra funzione, quella di ripiano per la candela. Questo è il problema della candela.

LA CANDELA E GLI INCENTIVI. C’è poi stata un evoluzione del problema della candela, realizzato da un ricercatore di nome Sam Glucksberg, della Princeton University.

Ecco che cosa ha fatto. Ha sottoposto il problema della candela ad un gruppo di partecipanti e ha detto: “Adesso vi cronometro. Voglio vedere quanto ci mettete. Vi cronometro per creare un riferimento, il tempo medio che tipicamente richiede la soluzione di questo tipo di problema.”

Al secondo gruppo ha offerto premi. Ha detto: “Chi finisce nel 25 percento dei più veloci, avrà cinque dollari. Chi di voi sarà il più veloce di tutti quelli testati oggi avrà 20 dollari”. La cosa è di molti anni fa. Alla luce dell’inflazione è una discreta somma per pochi minuti di lavoro. Si tratta di un buon incentivo.

Domanda: quanto più veloce è stato questo gruppo nel risolvere il problema? 

Risposta: ci hanno messo, in media, tre minuti e mezzo in più. 

Tre minuti e mezzo in più.

Non è così che dovrebbe funzionare. Se volete che le persone rendano di più, le premiate: bonus, percentuali, incentivi. È così che funziona il mercato; ma qui non funziona.

C’è un incentivo diretto ad affinare il pensiero e accelerare la creatività. E funziona esattamente all’opposto. Offusca il pensiero e blocca la creatività. 

E la cosa interessante di questo esperimento è che non è un caso anomalo. È stato ripetuto più e più volte e ancora, per quasi 40 anni.

Questi incentivi condizionati, – se tu fai questo ottieni quest’altro – funzionano in alcune circostanze. Ma in realtà, per molti incarichi, o non funzionano oppure, spesso, sono controproducenti.

Pink cita anche i risultati di una ricerca della London School of Economics che dimostra che gli “incentivi economici possono produrre un impatto negativo sul risultato globale“.

Affermare che gli “incentivi economici possono produrre un impatto negativo sul risultato globale” è una frase molto forte, ma si tratta di una delle scoperte più solide delle scienze sociali. E anche di una delle più ignorate.

Altri esempi a sostegno di questa tesi apparentemente paradossale si trovano nel libro di Sandel “Quello che i soldi non possono comprare”.

ASILO NIDO. Il primo esempio riguarda un asilo nido in Israele che doveva risolvere il problema dei genitori che arrivavano in ritardo a prendere i figli. E chiaramente le maestre dovevano aspettare i genitori ben oltre il loro orario normale di lavoro.

Come fare a convincere i genitori ad arrivare in orario? Come cambiare i loro comportamenti?

L’asilo decise di mettere una multa per punire i ritardatari. Risultato: i ritardi aumentarono.

Perché? Perché i genitori consideravano la multa una specie di servizio a pagamento.

Mentre prima si sentivano in colpa e facevano di tutto per arrivare in orario e qualche volta non ci riuscivano, ora no. Potevano prendersela con comodo e considerare la multa come un servizio di babysitting.

La multa aveva cambiato le regole del gioco; in altre parole aveva cambiato la motivazione, il senso per cui fare una cosa.

CENTRALE NUCLEARE. Altro esempio. Una cittadina svizzera era stata scelta come luogo ideale per costruire una centrale nucleare (considerate le caratteristiche orografiche della zona era il luogo più adatto di tutta la nazione per costruire la centrale e stoccare le scorie nucleari).

Avevano chiesto ai residenti se erano d’accordo che venisse costruita la centrale e il 51% aveva detto di sì (se quello era l’unico posto adatto, per il bene della nazione erano disposti ad accettare).

A quel punto hanno provato ad aumentare la percentuale di favorevoli e hanno chiesto cosa ne pensavano se lo Stato avesse dato dei soldi per ogni residente, come ricompensa a fronte di un opera di alto impatto. Si era ipotizzato un compenso che poteva arrivare fino a 8.700 euro a residente.

Ebbene, i favorevoli dal 51% sono passati al 25%.

Le risposte erano del tipo: “Se mi dai dei soldi forse c’è qualcosa sotto” o “Lo faccio per il mio paese, non per denaro” o “Io non vendo il mio territorio” ecc.

E’ successo qualcosa che va contro ogni teoria economica. In teoria la scelta era più vantaggiosa, (prima era gratis e ora ci guadagno qualcosa), ma quel qualcosa in più che doveva motivare maggiormente ha creato un danno. Ha distrutto il senso.

CONCLUSIONI. Cosa ci dicono questi esempi? Il sistema di incentivi è da buttare? No, questo sistema può andare benissimo e possiamo continuare ad usarlo, però dobbiamo essere consapevoli che:

  1. Il denaro cambia le regole del gioco, cambia la motivazione per cui faccio una cosa.
  2. Gli incentivi, i premi tipici del 20° secolo che pensiamo siano la parte naturale del mercato funzionano, sì, ma solo in casi sorprendentemente limitati.
  3. Questi incentivi “se… allora…” spesso distruggono la creatività.
  4. Il segreto per risultati di alto livello non sta nei premi o nelle punizioni, ma nella pulsione interna che non si vede. La pulsione a fare le cose per il loro valore. La spinta a fare le cose perché hanno senso.

APPENDICE. Questo discorso non vuole affatto sminuire l’importanza del riconoscimento economico. Nel mondo del lavoro, sia la motivazione interna (il senso) e sia la motivazione esterna (denaro) devono essere presenti. Troppo spesso si è pensato che alzando molto una delle due si potesse fare a meno dell’altra, ma non funziona.

Pensare di motivare le persone solo con la motivazione interna, senza un adeguato compenso, rischia di essere una logorante presa in giro. D’altra parte, solo la motivazione economica rischia di produrre effetti controintuitivi e controproducenti sui comportamenti delle persone.

La motivazione, come la moneta, ha due facce e devono essere presenti entrambe.

La moneta con una faccia sola non ha valore, è una moneta falsa; lo stesso discorso vale per la motivazione: una faccia sola non basta.


POST SCRIPTUM

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2 pensieri riguardo “Quello che i soldi non possono comprare. Una riflessione sul sistema degli incentivi.”

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