Quando si parla di conflitto di solito si pensa ad uno scontro fra idee e posizioni contrapposte, ma esiste anche un tipo di conflitto che riguarda il nostro modo di conoscere e di apprendere, un conflitto che potremmo definire “conflitto della conoscenza”.
E’ un conflitto che nasce dall’ambiguità costitutiva del nostro modo di apprendere e che non è possibile mai eliminare.
Tale ambiguità, come ribadisce anche Ugo Morelli nel libro “Conflitto”, “non corrisponde alla mancanze di norme chiare e condivise ma è il luogo dove coesistono per esistere alcune condizioni che allo stesso tempo sono un vincolo all’esistenza”.
Per esempio, quando ci troviamo a decidere se finanziare o meno alcuni progetti di ricerca, le conoscenze e la competenze professionali dei valutatori possono diventare un impedimento nella selezione di progetti veramente innovativi e originali.
Questo discorso sembra astratto e teorico ma mi è diventato molto chiaro ascoltando Luciano Pietronero – docente di fisica all’Università La Sapienza di Roma e direttore dell’Istituto dei Sistemi Complessi.
“Negli anni ’80 – racconta Pietronero – ero professore universitario in Olanda e cominciai a ricevere progetti di ricerca da valutare. Mi ero fatto una serie di regole e di criteri con cui valutavo questi progetti come la competenza, la capacità del gruppo, l’innovazione, ecc.
Poco dopo vennero effettuate tre scoperte come la superconduttività ad alta temperatura, l’effetto Hall-quantistico di von Klitzing, e il microscopio a effetto tunnel. Tutto questo accadde tra il1986 e il 1987.
Io conoscevo tutti e tre questi progetti ei gruppi che vi lavoravano, con alcuni avevo anche collaborato, e la cosa curiosa è che se io avessi applicato i miei criteri di valutazione scientifica a questi tre progetti, ognuno dei quali ha poi vinto il Premio Nobel, io li avrei bocciati. Tutti e tre. Non solo li avrei bocciati, ma anche in retrospettiva non avrei saputo che altro fare. Li avrei serenamente e competentemente bocciati!
In qualche modo anche Colombo andava bocciato perché voleva andare in India ed è andato in America; questo è quello che accade di fronte a progetti altamente innovativi, di fronte ai quali nemmeno gli stessi autori hanno basi e conoscenze “giuste”, perché quelle giuste non le sa nessuno: in qualche modo cercando di andare in India si scopre l’America”.
Allora come affrontare il problema?
Dov’è l’equilibrio per chi è chiamato a decidere il destino di alcune ricerche: scommettere sull’originalità e il pensiero divergente, o piuttosto non sprecare gli sforzi già fatti, né tanto meno il denaro della cittadinanza?
Pietronero sottolinea come se i criteri sono troppo laschi si diventa in balia dei matti, perché non tutti i progetti strampalati si risolvono in scoperte importanti; non ha senso prediligere a priori l’elemento innovativo rispetto alla continuità, ma è necessario trovare un bilanciamento, alquanto instabile tra questi aspetti, sapendo che la competenza, indispensabile per valutare, va bene “ma non bisogna eccedere, non bisogna prendersi troppo sul serio”.
Il problema, quindi, non è trovare criteri che ci pongano al riparo dell’errore, ma riconoscere la conflittualità della conoscenza, l’ambiguità della compresenza di vincoli e possibilità, abbandonando il mito della scienza lineare generatrice di una conoscenza completa per un progresso senza limiti.
La conoscenza – come questo episodio ci mostra in modo così evidente – non è la soluzione dell’ambiguità, non è vero che conoscendo di più e meglio l’ambiguità di dissolve; semmai si evolve generando nuovi problemi e nuovi paradossi.
POST SCRIPTUM
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